Oggi facciamo Storia
10 Gennaio, 2019La varietà degli argomenti da poter trattare al rientro dalle festività genera, inevitabilmente, la classica sindrome d’insicurezza, minando in maniera profonda l’indipendenza dello scrittore e la sua autostima: l’assortimento dei temi è ragionevolmente vario, ma tale da stimolare e incoraggiare la trattazione di una materia illustrata solo in maniera marginale fino ad ora. La spinta, se così si può dire, ci viene data dall’immagine degli scolaretti che si affollano sullo scuolabus, proprio qui a Madonna a Brolio, per fare ritorno ai loro banchi dopo le vacanze. Avranno studiato? O avranno solo giocato a tombola e mangiato dolciumi? Quell’epoca per noi è passata da tanto, ma li guardiamo e ascoltiamo il loro chiacchiericcio come rapiti dal suono e dalle movenze di un’età così bella, nel senso più puro del termine.
Dunque, come diceva la maestra quando entrava in classe: oggi facciamo Storia. O almeno, iniziamo, perché di Storia da raccontare ce n’è tanta.
Si ha notizia del Castello di Brolio fin dal secolo XI: nel 1009 Bonifacio, Marchese di Toscana e padre della Contessa Matilde, cedette il Castello ai monaci della Badia Fiorentina insieme alla sottostante Chiesa di San Regolo. I Ricasoli ricevono il Castello e i terreni in cambio di altri tenimenti proprio dai monaci della Badia: fonti scritte testimoniano che questo scambio era già avvenuto nel 1141. Di lì a poco, appena 35 anni dopo, i Fiorentini ottengono dai Senesi una parte del Chianti comprendente anche il Castello di Brolio e le sue terre fino all’Arbia, approfittando del declinare della potenza del Barbarossa, alleato dei Senesi. È proprio da questo momento che il Castello diventa la temutissima sentinella avanzata di Firenze contro Siena, tanto che tra il popolo nasce il detto: “Quando Brolio vuol broliare tutta Siena fa tremare”.
Facciamo un balzo in avanti e arriviamo all’inizio del 1400, quando l’avventuriero senese, Messer Antonio di Checco Rosso Petrucci, si impadronisce di Brolio con l’inganno e rinchiude Galeotto Ricasoli e la sua famiglia nei sotterranei del Castello: si ritirerà solo dopo 40 giorni di permanenza, facendo scempio di ogni cosa, allorché la Repubblica Fiorentina, fallite tutte le trattative amichevoli, gli spedisce contro Neri Capponi con un buon nerbo di soldati.
Ma non è ancora tempo di pensare a giorni di pace perché, nel 1478 gli eserciti di Ferdinando d’Aragona, re di Napoli, del Papa Sisto IV e dei Senesi, muovendo contro Firenze, attaccano il Castello e lo occupano dopo più di due mesi di assedio: il saccheggio e la distruzione rade quasi al suolo il Castello che “fu quasi spianato”, come riportano le fonti. Terminata la guerra e valutando l’importanza di quella posizione come sentinella avanzata contro Siena, il Consiglio Generale del Popolo Fiorentino, nella seduta del 23 aprile 1484, delibera la ricostruzione delle mura: le stesse mura e i baluardi che sono quelli oggi esistenti.
Sarà per questo motivo che sopra il portale d’ingresso di Palazzo Ricasoli a Firenze sul Lungarno si può notare lo stemma in pietra della famiglia dei Medici come segno di appartenenza e riconoscenza?
Il seguito, alla prossima puntata!